In Italia gli architetti donna corrispondono al 42% del totale, con un aumento del 10% rispetto al 1998. Eppure, un problema esiste. Difatti, il salario medio percepito dalle rappresentanti femminili della categoria è in media inferiore del 57% in confronto alle controparti maschile.
Tuttavia, se oggi la condizione lavorativa è difficile, negli anni Cinquanta lo era assai di più. Ad aggravarla ulteriormente la convinzione, gradualmente abbandonata nel corso del tempo, che l’architettura costituisse una nobile arte esclusivamente maschile. Ad esempio, la maggior parte delle facoltà di architettura negli Stati Uniti si rifiutavano fino al 1972 di accettare donne. Per avere la prima vincitrice del Premio Pritzker – spesso menzionato come il Premio Nobel per l’architettura – occorrerà pazientare parecchio. La bellezza di 25 anni dalla sua istituzione nel 1979, ovvero il 2004, quando venne conferito a Zaha Hadid. Nonostante ciò, Gae Aulenti riuscì ad affermarsi nel campo. Merito di talento, coraggio e spirito intraprendente. Tutte doti che le consentirono di portare in alto la propria arte.
Gae Aulenti: il richiamo dell’architettura
Nata nel 1927 a Palazzolo Dello Stella (Udine), da una famiglia di origini meridionali, Gae raggiunse Milano per passione. Il richiamo suscitato dall’architettura le valse l’abilitazione professionale nel 1953. E, trascorsi due anni, cominciò a lavorare in qualità di redattrice della rivista Casabella-Continuità. Qui sotto la supervisione del direttore Ernesto Nathan Rogers, seppe farsi notare; tanto da diventarne assistente nel 1964 presso il Politecnico di Milano. In precedenza, all’Università di Venezia, aveva affiancato Giuseppe Samonà, protagonista dell’architettura italiana di allora. Oltre all’attività di redattrice, portata avanti fino al 1965, Gae si dedicò al design. Celebre in tal senso la lampada Pipistrello, realizzata per lo showroom di Olivetti nel 1965. Nel corso della sua carriera ricoprì il ruolo di architetto personale dell’avvocato Gianni Agnelli. Negli Anni Ottanta le venne conferito il prestigioso incarico di restaurare e allestire il Museo Orsay, a Parigi. La sua brillantezza le fu riconosciuta sulla scena nazionale e internazionale. Nel 1991 ritirò il premio Imperiale, titolo giapponese attribuito annualmente alle personalità dell’arte e dell’architettura più influenti al mondo. Nel 1994 arrivò la medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte; mentre nel 1996 venne nominata cavaliere di gran croce della Repubblica italiana.
L’estetica riacquista un ruolo centrale
La fama accompagnava Gae Aulenti, ovunque lei andasse. In compartecipazione con il maestro Ernesto Nathan Rogers, nonché i colleghi Aldo Rossi e Vittorio Gregotti apportò rinnovamento. Pose, infatti, al centro della progettazione gli spazi e il contesto in cui le opere venivano realizzate; in una interconnessione stretta con il preesistente ambiente urbano.
I concetti furono applicati presso edifici altisonanti, quali ad esempio:
- le Scuderie del Quirinale di Roma;
- Palazzo Grassi a Venezia;
- l’aeroporto di Perugia.
- l’Istituto di Cultura Italiana a Tokyo;
- il Museo nazionale di arte catalana a Barcellona.
Il ruolo rivestito da Gae Aulenti andava però ben oltre alla semplice sfera professionale. Anzi, l’affermazione in architettura servì a veicolare valori etici e sociali particolarmente importanti. In segno di dissenso al lascito fascista, che condannava ogni pratica sociale connessa all’emancipazione femminile, Gae promosse il Neoliberty. Trattasi di una corrente nata in contrapposizione al razionalismo, da cui originava la cosiddetta architettura organica, proposta da Bruno Zevi.
Lo stile Neoliberty
Il Neoliberty si prefiggeva di ritrovare una continuità con la tradizione dello stile Liberty. A una sorta di rilettura dell’Art Nouveau, che ne riprendeva le decorazioni e il gusto per l’ornamento. L’estetica fu messa al primo posto. Malgrado i prestigiosi riconoscimenti internazionali, Gae Aulenti finì oggetto di critiche spietate. Un approccio figlio dell’impossibilità di catalogarla in canoni prestabiliti. Incurante dei giudizi negativi Gae tirò dritto e, a dispetto della sua breve durata, rimase fedele alla corrente Neoliberty. Nel design industriale gli sforzi compiuti riscossero il giusto merito. Le intuizioni di Aulenti divennero famose a livello mondiale; fulgido esempio il Tavolo su Ruote, un tavolino da salotto realizzato per Fontana Arte. Il contributo di Gae servì pure a stigmatizzare il “formalmente costituito”, a dare un’indennità alle lotte per l’emancipazione di genere. Ormai le donne italiane si erano stancate di essere messe ai confini della società, desideravano trovare ascolto.
Gae Aulenti sulla carenza di donne nell’architettura
Parlando del problema della carenza di donne celebri riconosciute in ambito architettonico, Aulenti lanciò un appello alle colleghe:
“Ci sono un sacco di altre donne architetto di talento, ma la maggior parte di loro preferisce lavorare con gli uomini. Ho sempre lavorato per me stessa, e questo mi ha insegnato molto. Le donne in architettura non devono pensare di essere una minoranza, perché nel momento in cui lo fai, vieni paralizzato da questo pensiero”.
Per onorarla Milano le ha intitolato la Piazza Gae Aulenti, inaugurata nel 2012, a due mesi dalla sua scomparsa.