Piccolo cortocircuito della Regione Abruzzo rispetto alla questione del volo dei droni sulle spiagge durante la stagione balneare, una questione che non solo appare a tutti gli effetti meno prioritaria rispetto ad altre più gravi che da anni affliggono il territorio, ma che per giunta è stata affrontata con una mossa tanto ardita nelle premesse, quanto vana e persino controproducente negli effetti, visto che l’Ordinanza Balneare 2023 pubblicata dalla regione lo scorso 03/03/2023 è poi stata rettificata in seguito al chiarimento con l’ENAC, Ente Nazionale Aviazione Civile, dietro pressione anche di DAST Confesercenti (Drone Association Safety and Training), associazione che tutela i dronisti italiani.
Lo riporta questo articolo su Dronezine, magazine specializzato nel settore droni, che spiega bene come e perché la faccenda si sia conclusa con il tanto corretto quanto auspicato dietrofront della Regione, che alla luce delle sacrosante osservazioni sull’illegittimità del suo iniziale provvedimento ha rimesso poi le cose a posto con una sorta di triplo salto mortale all’indietro che, in conclusione, ha impresso a tutta la faccenda lo stigma del classico buco nell’acqua.
L’ex ordinanza in Abruzzo sui Droni 2023
Il nocciolo della questione è in questo estratto dell’Ordinanza Balneare 2023 (determina dirigenziale DPC032/58) del 03/03/2023, che al punto “C” dell’articolo 2 specificava il divieto di “sorvolare le spiagge e gli specchi acquei limitrofi con qualsiasi tipo di velivolo, droni compresi, ad eccezione dei mezzi di soccorso e di Polizia, a quota inferiore a 300 metri, così come previsto dal Regolamento ENAC RAIT.5006 (Altezze minime per il sorvolo delle spiagge)”, in base alla quale i droni non potevano volare sotto i 300 metri.
Il problema è che i droni, per la normativa nazionale e meglio ancora europea, già non possono volare oltre i 120 metri di altezza, quindi non solo l’ordinanza dell’Abruzzo andava – come minimo – a proibire qualcosa che era già proibito (e quindi il volo nei 180 metri che vanno da quota 120 a quota 300), ma nei primi 120 metri di altezza andava addirittura ad interferire con il regolamento europeo e nazionale, per giunta rimandando comicamente proprio al Regolamento ENAC.
Facciamo un esempio pratico per capire meglio.
Prendiamo ad esempio un pilota che possiede un drone DJI Mini 2, un modello piuttosto diffuso e consigliato anche sul sito www.ilmiodrone.it come tra quelli più adatti per i principianti, per via della buona affidabilità di volo e della buona qualità dei video, ma anche del fatto che è facile da usare e che pesa meno di 250 grammi, aspetto che lo rende utilizzabile anche senza essere per forza in possesso di uno specifico attestato di volo.
Quindi abbiamo un normale appassionato che ha un drone particolarmente leggero e vuole usarlo durante la sua vacanza al mare in Abruzzo per fare delle riprese da usare come ricordo personale. In base al regolamento, che gli impone di avere un’assicurazione specifica per il velivolo, di registrarsi come operatore di droni sul portale d-flight e di applicare il suo codice operatore al drone, per volare deve solo consultare le mappe sul suddetto portale, che vale come riferimento ufficiale.
E qui arriviamo al problema.
Se il portale d-flight ad esempio dice che sulla spiaggia in questione si può volare fino ad un’altezza di 45 metri, il pilota può spingersi fino a quel limite, senza sorvolare assembramenti e dando le dovute precedenze a seconda del verificarsi di situazioni particolari (ad esempio il passaggio imprevisto di un aereo o di un elicottero), mentre, per come era scritta l’ordinanza, secondo la Regione Abruzzo non avrebbe potuto volare, perché lo avrebbe fatto a una quota inferiore ai 300 metri. E tutto questo senza che la Regione Abruzzo avesse la competenza di normare lo spazio aereo, una capacità che in Italia ha solo l’ENAC. Insomma, un bel pasticcio!
E non è un caso che in proposito si sia sollevato un piccolo polverone, almeno tra le comunità di appassionati di droni, che già da anni sono alle prese da un lato con regolamenti “freschi” e per questo motivo già di loro esposti a frequenti ritocchi di assestamento, e dall’altro anche con le velleità di vari enti o autorità locali che prendono l’iniziativa e complicano ancora di più le cose, convinti – non si sa bene perché – di avere il titolo per decidere chi può o non può volare, come e perché.
Un bel pasticcio, dicevamo, ma per fortuna in qualche modo si è riuscito a salvarsi in calcio d’angolo. Così, con la DETERMINAZIONE DIRIGENZIALE DPC032 N° 209 del 20/07/2023 avente ad oggetto “Attività nelle spiagge del litorale Abruzzese – Ordinanza Balneare 2023: Rettifica di quanto disposto all’art. 3, punto 2, lettera c)”, la parte incriminata è diventata divieto di “sorvolare le spiagge e gli specchi acquei limitrofi con droni laddove siano presenti persone o assembramenti di persone in base alla normativa aeronautica vigente”, con una grande sospiro di sollievo per i sempre più numerosi piloti di droni.
La domande, ovviamente retorica, è “C’era bisogno di normare ad hoc il volo dei droni sulle spiagge abruzzesi per evitare che i piloti più irrispettosi volassero sopra la classica calca di persone che d’estate le prendono d’assalto, mettendo in pericolo la loro sicurezza, quando già esiste una normativa nazionale, voluta dall’EASA (Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea) e recepita dalla nostra ENAC, che vieta il volo di qualsiasi drone sopra gli assembramenti di persone?”
Se c’è un regolamento nazionale va rispettato quello, inutile fare un’ordinanza regionale che in parte si sovrappone ad esso e per giunta risulta più stringente senza che la Regione Abruzzo abbia la competenza per farlo. In Italia l’unica autorità che regola lo spazio aereo è l’ENAC, ed è perciò all’ENAC che chi è a capo dei vari Enti locali, dai parchi ai sindaci e con province e regioni incluse, deve rivolgersi se vuole impedire un certo tipo di attività sopra il proprio territorio di competenza.